La contemplazione è un'attitudine innata nell'essere umano, che risale dalla notte dei tempi. È cercare la bellezza, che ci aiuta a vedere il lato positivo delle cose e a provare un profondo stato di beatitudine. Ma oggi, in una società iperattiva e interconnessa, in cui la parola d'ordine è produrre e consumare, c'è ancora spazio per questa pratica?
È dall'inizio dell'umanità, se non addirittura dai tempi dei primi esseri viventi, che l'atto di contemplare è parte integrante del modo di vivere, di percepire il Sé nel momento presente.
Tutte le culture avevano il momento dell’osservazione e della venerazione. Dal sole per gli Aborigeni australiani, alle divinità per gli Hindu e i Maya, dalle stelle per gli egizi ai paesaggi dei monasteri per i monaci cattolici.
Il fisico e inventore francese, Blaise Pascal diceva: “Tutta l'infelicità dell'uomo deriva dalla sua incapacità di starsene nella sua stanza da solo”.
È forse esagerato, ma se rivalutassimo l'arte dell'ozio e soprattutto imparassimo a fermarci più spesso, apprezzando e godendo del momento presente, vinceremmo il gioco perverso della rincorsa al materialismo e il caos creato dall'iper-connessione e dalla mancanza di profondi silenzi.
Produco e consumo …produco e consumo …produco e consumo …
Non fare, non produrre, sembra essere diventato sinonimo di far niente. Siamo quindi passati da “Cogito ergo sum” di Cartesio a un improbabile “Facio ergo sum” dei giorni d'oggi?
Essere produttivi o contemplativi? Fare o pensare? Decidere di avere un impatto sul mondo, oppure capirlo più profondamente? Aristotele sosteneva la contemplazione come il più alto stato di fioritura umana. Ma fu attraverso l'azione che il suo allievo Alessandro Magno conquistò il mondo conosciuto. A quale dovremmo quindi puntare? Da Platone ai giorni d'oggi, a distanza di secoli, questo argomento è sempre stato d'attualità.
Probabilmente la risposta più saggia è dire che l'attivo e il contemplativo si completano. Piuttosto che giocare l'uno contro l'altro, i due si nutrono l'un l'altro, abbracciando compagnia e solitudine, progettare il futuro e vivere l'attimo, agire per migliorare e osservare per capire.
Oggi si ha però la netta sensazione che nella società così detta moderna, i ritmi di vita si siano accelerati, evitandoci così di vivere momenti di apparente ‘vuoto’. Si ha come la paura del tempo libero e così ci si annega nello smanettare il cellulare alla ricerca di contenuto virtuale per riempire il tempo.
Viviamo un momento nuovo nell'era umana, in cui anche il nostro sguardo sta cambiando direzione, curvandosi verso il basso e concentrandosi nel palmo della nostra mano. A questo si aggiunge la frenesia dei nostri tempi e un ritmo logorante che ci distrae sempre più dal guardarci attorno.
Allora, invece di vivere il quotidiano a testa bassa, per poi sfruttare le due settimane di vacanza per alzare lo sguardo per vedere ciò che ci indica la nostra guida; rispolveriamo un'antica attitudine intrinseca all'uomo, come all'animale, usata nelle arti orientali e da molte religioni. Osservare con attenzione qualcosa che desti meraviglia e ammirazione. Godiamo della bellezza e viviamo momenti di beatitudine.
È una dimensione più profonda e consapevole, che ci permette di entrare in armonia con quel che ci è intorno. È un atteggiamento che si impara e che si porta con sé, senza costi e senza regole da rispettare. Nasce dalla personale ricerca di consapevolezza del Sé e delle cose.
Definizione
Nell'enciclopedia Treccani, la prima definizione di contemplare è: “attrarre nel proprio orizzonte” (forma collaterale del lat. class. Contemplari).
Cercando poi su Google, escono in primo piano tre citazioni raggruppate:
La contemplazione è la vita dell'anima. San Gregorio di Nissa
Tu puoi, ogni volta che lo desideri, ritirarti in te stesso. Nessun ritiro è più tranquillo né meno disturbato per l'uomo che quello che trova nella sua anima. Marco Aurelio
Fare le cose utili, dire le cose coraggiose, contemplare le cose belle; ecco quanto basta per la vita di un uomo. Thomas Stearns Eliot.
C'è poi il poeta contemporaneo, premio Nobel, Peter Handke che sentenzia: “Senza contemplazione io non sono un uomo”.
Nella nostra società occidentale stanno fiorendo importanti segnali in tale direzione; dal massiccio interesse per lo Yoga e le medicine olistiche orientali, all'alimentazione biologica; dalla riscoperta dei cammini sacri ai viaggi detox.
Per me contemplare è un potente strumento di presenza. Significa essere tutt’uno con ciò che ci circonda e lo associo alla natura, a una bella donna, a un’opera d’arte di Raffaello, all’ascolto di una melodia di Ennio Moricone, al guardare le stelle all’equatore ponendomi mille domande… Contemplare è la porta per Vivere consapevolmente.