Di seguito un estratto dello scritto del premio Nobel per la letteratura (1972) Henrich Böll, dal titolo: Il pescatore e il turista.
La storia offre una riflessione sui paradossi derivanti dalla concezione contemporanea del lavoro.
"Un turista vestito con eleganza sta scattando foto di una scena idillica: spiaggia, cielo azzurro, mare verde con pacifiche, candide creste di spuma, barca nera, berretto da pescatore rosso. Clic…Clic…
Quel rumore sveglia un pescatore mezzo addormentato vicino la barca
– Oggi lei farà una buona pesca.
Il pescatore scuote la testa.
– Perché? Non uscirà al largo?
Il pescatore scuote la testa;
– Oh, lei non si sente bene?
Finalmente il pescatore passa dal linguaggio dei segni alla parola articolata. – Mi sento benone, – dice. – Non mi sono mai sentito meglio –. Si alza, si stira come per far vedere l’atleticità del suo fisico. – Mi sento una cannonata.
Il volto del turista assume un’espressione sempre più infelice, non può più reprimere la domanda che, per così dire, minaccia di fargli scoppiare il cuore: – Ma allora perché non esce al largo?
La risposta arriva subito, asciutta. – Perché l’ho già fatto stamattina.
– È stata una buona pesca?
– Talmente buona che non ho bisogno di uscire un’altra volta, ho preso quattro aragoste, quasi due dozzine di maccarelli…
Il pescatore, finalmente sveglio, ora si scioglie e dà qualche rassicurante pacca sulla spalla al turista. La sua faccia preoccupata gli sembra l’espressione di un’ansia magari fuori posto ma commovente.
– Ne ho persino abbastanza per domani e dopodomani, – dice per sollevare l’animo dello straniero
Lo straniero si siede scuotendo la testa sul bordo della barca, mette da parte l’apparecchio fotografico perché adesso gli servono tutte e due le mani per dare forza al suo discorso.
– Io non voglio immischiarmi nei suoi affari privati, – dice, – ma immagini di uscire al largo, oggi, una seconda, una terza, magari una quarta volta e di pescare tre, quattro, cinque, forse addirittura dieci dozzine di maccarelli… se lo immagini un po’.
Il pescatore annuisce.
– Faccia conto, – continua il turista, – che non solo oggi, ma domani, dopodomani, in ogni giorno favorevole lei esca al largo due, tre, magari quattro volte… Io sa che cosa succederebbe?
Il pescatore scuote la testa.
– In un anno al massimo lei potrebbe comprarsi un motore, entro due anni una seconda barca, fra tre o quattro anni lei …pescherebbe molto di più. – Allora lei si costruirebbe una piccola cella frigorifera, magari un affumicatoio, più tardi una fabbrica di pesce in salamoia, andrebbe in giro nel suo elicottero personale, scoprirebbe dall’alto le schiere di pesci e lo comunicherebbe via radio ai suoi cutter. Potrebbe acquistare il diritto alla pesca del salmone, aprire un ristorante specializzato in pesce, esportare direttamente a Parigi, senza intermediari, le aragoste; e poi…
– E poi, – dice, ma ancora una volta l’eccitazione lo rende muto.
Il pescatore gli batte sulla schiena come a un bambino a cui sia andato un boccone di traverso.
– Che cosa? – gli chiede sottovoce.
– E poi, – dice lo straniero con un entusiasmo estatico, – e poi lei potrebbe starsene in santa pace qui nel porto, sonnecchiare al sole… e contemplare questo mare stupendo.
– Ma questo lo faccio già, – dice il pescatore, – me ne sto in santa pace qui nel porto, contemplando e sonnecchiando. È solo il suo clic che mi ha disturbato.
Il turista così ammaestrato se ne andò via pensoso, perché un tempo anche lui aveva creduto di lavorare per non dover più lavorare un giorno, e in lui non restava traccia di compassione per quel pescatore poveramente vestito, solo un poco d’invidia”.
